La Sorellina Francese
 
 
 
I
 
 
 
        -Mèrd, mèrd e mèrd!
-Che c'è, Adèle- chiede Paulette.
-Mèrd, mèrd e mèrd!
-Non essere volgare- la riprende Hélène.
-Mèrd, mèrd e mèrd!
-Possibile che quando sei nervosa parli in francese?- le fa notare Vanadé.
Adèle avrebbe sicuramente continuato nelle sue esclamazioni copronimiche, ma non ce n'era motivo. L'aveva detto tre volte tre, e non c'era nulla da aggiungere.
Aveva scartato il pacco trovato davanti alla porta, con un biglietto profumato che diceva: Ad Adèle.
-A me! mèrd.
-Via Adèle, non ti angosciare; sono solo dei quadri.
-Sgià, quel maledetissimò peintor che abìta nella mansard in fas a nù!
-Dio, Adèle, è mai possibile che non hai ancora imparato a parlare italiano? Sei quella che è da più tempo a Milano e ancora si sente il tuo fottuto accento di Paris!
-Non mi rompere, Vanadé; ho altri problemi che non quelli della pronuns!
Intanto i tre quadri guardano mestamente Adèle, aspettando con una certa impazienza che venga decisa la loro sorte.
Intanto le tre sorelle guardano mestamente Adèle, aspettando con una certa impazienza che venga decisa la sorte dei quadri.
-Allez, allez; non pensiamosci più: un posto per un quadro lo si trova sempre.
 
 
II
 
 
    La giornata era cominciata con un driin
-Il telefono- pensò Adèle
-Il campanello- pensò Paulette.
-Il coccodrillo -pensò Vanadé, che quando dormiva sragionava.
Hélène non pensò nulla perché usava i tappi per le orecchie.
Al secondo driin Adèle pensò alla sveglia, Paulette ancora al campanello, Hélène dormiva sempre e Vanadé era su un aereo pilotato da uno scimpanzé impazzito che perdeva quota sulle Ande.
Il terzo e definitivo driin premiò la costanza di Paulette: era il campanello.
Quando aprì la porta, il postino le porse il telegramma. Ringraziò, chiuse a chiave e lanciò un urlo.
-La sveglia- pensò Hélène aprendo gli occhi.
Macché, un telegramma di mamma: "Care bambine, vi prego di accogliere con entusiasmo e curare con attenzione la vostra sorellina, che arriva con il treno di domenica. Ricordate l'educazione che vi ho dato!"
-Domenica??
-Già, c'è scritto così! Ma che cavolo di giorno è oggi?
-Giovedì- disse Hélène
-Jeudi- disse Adèle, che quando era nervosa parlava in francese.
-La vecchietta è stata buttata giù dall'autobus- disse Vanadé, ancora in preda ai suoi deliri onirici.
Hélène le malrovesciò un sonoro sciaff per svegliarla. Quando si svegliò e capì cos'era successo domandò ma che cavolo di anno è oggi?
-Duemilaetre- disse Paulette
-2003- disse invece Adèle per non far capire che era nervosa.
-Ma non è possibile, non è possibile, non è poss...
Continuò così per un bel pò; le tre sorelle maggiori intanto si riunirono attorno alla macchina del caffé e discussero in modo adulto della questione.
-Bella inculata- sbottò Hélène- ora mi tocca dividere la stanza con Vanadé!
-Ma che te frega se parla nel sonno, tanto tu usi i tappi per le orecchie- la consolò Paulette.
-Fosse quello... il problema è la puzza dei piedi!
-Non fate le cretèn- sentenziò Adèle dall'alto della sua primogenitura -il problema è grav, se non pesgiò. La casa è un scesso, la cuscina è sossa, vestiti tutti an sgiro, mutonde dappertutto, ragnatele infinite, pionte morte, vetri lersci...
Lo sguardo sconsolato delle sorelle ricalcava la veridicità della situazione.
-...ed ora il problèm del sciesso che non funsiona. Qui dobbiamo far assolutamont qualcosa. Ordine e pulisia. Non possiamo far arrivare la sorellina con la casa in questo stato. Potrebbe venirle un scioc!
-Non è possibile, non è poss...- continuava a dire Vanadé, finché Hélène non le mollò una seconda sberla per farla smettere.
-Bene, bene- continuò Adèle, che era fornita di una certa dote manageriale -andatevene fuori dalle balles tutte quante e vi sistemo la casa en sgiornata, tanto che la sorellina non noterà la differons tra questa e casa di mamma!
-Ma se casa di mamma è un cesso peggio del nostro- esclamò Vanadé
Questa volta il ceffone le arrivò da Adèle.
-Non permetterti di dire queste cose su maman: ricordati che per questi tre giorni tu sei ancora la plus piccola.
-Già, in tutti i sensi- aggiunse velenosamente Hélène.
Stava già per scoppiare la solita lite tra le due quando il campanello della porta fece di nuovo udire il suo gorgheggìo.
Solo ora arrivarono i quadri.
 
 
III
 
 
    -Merda, merda e merda- si dice tra sé e sé Adèle guardando i quadri (tra sé e sé parla correttamente italiano).
Da quando era arrivata a Milano, (scendendo una domenica dal treno e piazzate le sue valigie nella casa nella quale tutt'ora abita), Adèle si sentiva perseguitata dal pittore (della mansarda del palazzo di fronte).
Si sentiva spiata dalla luce gialla di quella finestra, che restava accesa tutta la notte, come per gettare un'ombra sui suoi sogni (nonostante il fatto che raramente una luce venga usata per fare ombra).
Quando era sotto la doccia, sentiva costantemente il rumore del pennello che slurgitava la tela (nonostante il fatto che tale rumore sia raramente udibile, dall'altra parte di una strada trafficata, con le finestre chiuse e -cosa non trascurabile- sotto lo scroscìo della doccia).
Si sentiva costantemente pedinata quando camminava nella stanza, mentre passava dal salotto alla cucina, dal bagno al terrazzo, dallo sgabuzzino alla soffitta. Si sentiva -dicevo- pedinata dai pensieri artistici del pittore (nonostante il fatto che raramente i pensieri possano pedinare qualcuno, tanto più che essi pensieri -benché artistici- sono di fattura spirituale e dunque non posseggono i piedi).
Insomma: Adèle avrebbe potuto cedere ad una crisi di nervi, avrebbe potuto crollare psichicamente e senza preavviso; avrebbe potuto rinchiudersi nel lettino di una psicologa in preda alle più dilanianti manie di persecuzione. Quello che salvò Adèle era il fatto che tutte quelle cose là erano vere.
La luce ombreggiava, il pennello slurgitava e i pensieri pedinavano.
La prova di ciò è il fatto che, dal secondo giorno in cui Adèle cominciò a sentir parlare italiano per le strade -capendoci ben poco, dal punto di vista del significato- lui, il pittore, le manda, di tanto in tanto (un giorno sì ed uno no), dei quadri. Quadri suoi.
Quadri che fa lui.
Insomma suoi quadri.
Lei, all'inizio, infilava le tele nei sacchi della pattumiera del cortiletto interno.
-Gli passerà- si diceva. Ma non passava.
I regali continuavano, e gli inquilini del palazzo si lamentavano per i sacchi della spazzatura che erano sempre pieni (nonostante il fatto che non puzzassero).
Adèle dovette cercare sempre nuovi anfratti in cui buttare le sue schifezze. Qualche volta li usava per tappare un buco nel muro; aveva scoperto che non erano l'ideale per lavare il pavimento, in quanto lasciavano giù il colore. Ci fece l'imbottitura dei materassi per tutta la famiglia, zerbini e suppellettili varii, tra cui un raffinato lampadario a gocce stile Louis catòrs.
-Gli passerà vedendomi invecchiare- si diceva Adèle, sperando in cuor suo di non invecchiare mai. Ma non passava; daltronde manco lei invecchiava.
Da quando era sbarcata oltr'alpe, fresca diciottenne, ad oggi, maturata ventinovenne, Adèle era sempre rimasta identicamente la stessa, vale a dire bellissima.
Adèle è certamente la più bella delle sorelle. E bisognerà scusarci con lei per aver detto ciò solo adesso. Non che Adèle sia vanitosa, tuttaltro, ma, si sa, le donne preferiscono che certe cose sul loro conto vengano dette subito; soprattutto cose del tipo: "Adèle è certamente la più bella delle sorelle!"
In virtù di tale innato privilegio, aveva ricevuto l'ennesimo pacco dono dalla mansarda di fronte.
-Oggi non ho proprio tempo di pensarci- pensa Adèle -c'è la sorellina.
L'arrivo della sorellina la mette in una trepida trepidazione; il suo istinto di sorella maggiore le dice che deve fare qualcosa, (ma non che cosa!) e quindi lei si sente di fare tutto. Era sempre stato così, anche le altre volte.
-La mesòn, la mesòn- si mette a urlare. Sistemare la casa le sembra la cosa più urgente. Soprattutto il bagno.
Non che fosse un cesso -cioè, per esserlo lo era- ma aveva un problema: il cesso, appunto.
Il galleggiante dell'acqua doveva essersi incastrato, e quindi c'era un continuo scroscìo.
All'inizio andava anche bene, perché nessuno lo notava: Paulette è un pò svampita, Hélène usa tappi per le orecchie, Vanadé è sempre fuori e Adèle...
Adèle trovava che lo scroscìo del vater-closh cancellasse il rumore del pennello. All'inizio andava bene, ma poi; l'acqua corrente aumentò sempre più, lo scarico si otturò un paio di volte -con relativi allagamenti-, alcune guarnizioni cedettero e, cosa più grave, ogni tanto, nel bel mezzo di una seduta, arrivava un'onda anomala che anticipava il lavoro del bidé!
Non era il caso di far arrivare la sorellina con queste prospettive.
Adèle era previdente, nonché primogenita; si era preoccupata del problema e non voleva farsi cogliere impreparata. Da un due anni tiene il numero di telefono di un idraulico nel cassetto.
E' forse giunto il momento di usarlo?
Dopo che le sorelle sono filate, Adèle fa il numero
-Pronto l'idraulicò?
-No!
Nella fretta ha confuso il sei col senc.
Rìfa il numero ma aspetta che la cornetta si presenti per prima
-Buongiorno Tubi Tempestosi, idraulico a domicilio.
E' fatta!
 
 
 
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